da: POESIE D'AMORE
(Antologia) l'assenza, il desiderio, le più importanti poetesse italiane contemporanee presentate da 36 critici a cura di Francesca Panze e Marianna Buccich
prosa di Mario Lunetta
poesia di Anna "Una resistenza inamovibile"
Quando l’io si smembra
di Mario Lunetta
Davanti a un testo della compattezza nervosa di «Una resistenza inamovibile» ci si chiede se possa darsi poesia d’amore che non sia poesia filosofica, tanto perentorio e definitivo appare il gesto dell’ autoriflessione, come uno specchio ustorio che bruci tutto, senza residui.
Nel discorso d’amore filosofico dì Anna Malfaiera non è consentito alcun alibi: la salvezza (o la giustificazione) è tutta intera nello spazio scavato dalle parole.
La partita si gioca entro il ring metrico-semantico, con una sbalorditiva coscienza dei limiti di questo spazio.
Le regole del gioco impongono una concentrazione estrema: e Anna Malfaiera, che di tale codice è responsabile, le rispetta e al tempo stesso le infrange, battendo su una musica sorda, atonale, che respira quasi solamente in virtù dell’intensità della propria misura astrattiva. In questa poesia disperatamente mentale la testa brucia quasi eroicamente gli effetti della catena di scacchi su cui lavora, sicché le perdite secche dell’esistenza diventano energia di stile, e il rapporto col mondo converte la sua difficoltà ed asprezza in tensione di scrittura.
L’interlocutore (e magari il bersaglio imprendibile) di questo Soggetto straniato che si parla addosso con irosa fermezza, e l’Altro che non corrisponde: nel senso, intendo, di non corrispondere mai alle attese, alle aspettative.
Il poeta lo inventa, anzi se lo inventa addosso, lo costruisce e lo annulla mano a mano che annulla se stesso.
Il gioco del rispecchiamento è un gioco liquidatorio, una vocazione irrimediabilmente nihilistica. La Malfaiera qui la sua forza — altera l’azzeramento nihilistico mediante la messa in gioco di un’area logica, geometricamente definita, in cui versare e decantare senza sentimentalismi, con appassionata esattezza, il furioso caos del molteplice esistenziale.
Una resistenza inamovibile
Arma di stagione il freddo già minaccia
acutamente rimanda ogni esteso benessere
la coltre dove pure si sfaldano le durezze
di noi. Tu che attraversi le lunghe disumane
pause e che pur lontano domini sempre sei
mi senti mi odi nella mia sottomissione
che mi rende innamorata di te.
Di te alterno getti di vita e di distacco
tante possibilità che l’amore costruisce
e annienta l’ansia il calore le mie voci
che si sporgono e che giungono alle note
di vero compimento. Contro lo stesso mio cuore
contro le mura dai limiti irrecisi contro
ogni ragione contro le parole tu mi corrispondi
in casa per la strada lungo il viale
dove gli alberi grondano per il temporale.
In pace con te questo può giovarmi può
tracciarmi passaggi certi negli incroci vie
piazze vigilate. Se un cattivo presagio incide
se la mente subisce l’evento che rattrista
pure ogni ripresa è un atto audace di vera
sostanza dignitosa serena senza calcolo
senza ipocrisia. Ancor più vera è la presenza
di te senza illusioni senza speranza
illimitata in una precisa dimensione
che ti accerta in ciò che veramente sei.
Se ci divide un ponte devastato un solco
ben profondo il sangue già adagiato
questo vuol dire male e male ci facemmo.
Non è di poco conto il separato espanderci
gli incontri fermi nei propositi e proprie
determinazioni l’attrazione non permane
un bene orizzontale e praticabile si rompono
i delicati congegni del rapporto la ferma
situazione che era oggetto di malinconia.
Ciò che è trascorso si distanzia ormai
sopravanzato. Se il mio essere è sperduto
non ha più la dignità dei sensi conciliati.
Via dalle stanche parole via dal corridoio
opaco in cui ci costringiamo senza il coraggio
di dirigerci nel fondo anche se ignoto.
Pure nel gelo è il regno di avvenute cose
basta saperlo e preparati predisporsi
altrimenti. Dentro un autunnale risveglio
dolorosa è la certa separazione
la perdita d’affetto meritato a fatica
condotto ormai affinato incrinato
esso stesso sospettoso di noi.
Ti ho perso a un orizzonte già confuso
forse viaggiando forse nel sostare prolungato.
Ti ho perso nel mio svolgimento interno
in te prima riposto e in abbandono.
Ogni misura qui su questa terra ha un umano
contorno che si spoglia si disfà si accerta
dei limiti condotti si dirada in pietà.
Se tu potessi operare fuori del precipizio
che si è disposto per me per te solamente
presente solamente inattivo potrei trovare
una aderenza nuova cercata disperatamente
nel mio taglio umano che si deve colmare.
Hai scosso e saccheggiato ciò che finora
vegliavo. A colpi duri hai reso
un grande cielo un rapporto geografico
mutato privo delle immagini dei desideri
che empivano il mio giorno grano a grano.
Domani sarò ancora ferita. Così rimessa
mi si fa strada faticosa da percorrere.
Vuotata d’ansia mi inasprisco sento arrecate
frane nuove. Si dimezza la mia parte migliore.
E tu forte di una resistenza inamovibile.
L’accesso al tempo si fa più grigio
riprovevole la mia non conseguenza.
Sento d’essere destinata al tuo rancore.
Non voglio accennare a una calunnia
a un insulto a un tragico errore. Ormai
in te soggiornerò col peso del tuo giudizio
e non passerà più tra il nostro primo ed ultimo
urto un eroismo volenteroso che intende la vita
senza temerne il rigoglioso ginepraio.
Nella nostra reciproca invasione
era naturale essere nell’allegria fino
a sentirsi sconsideratamente nel nulla.
Tra tante necessità quella era la più dolce
la più pericolosa. Come a una festa era
vezzeggiato chi di noi parlava di fuggire
lontano. Con me dovevi essere cenno imperioso
pur se inquieta e impulsiva smaniavo e pronto
serrato arresto per non farmi evadere.
Ora dentro di me qualsiasi desiderio
come una terracotta risuona come un passo
di salto sulla pedana. Mi dànno
una certa esultanza i rumori della strada
come sapessero che ho bisogno d’aiuto che
parte della mia presenza è già in un addio.
Presto costaterò una triplice azione
di rimpianto nel desiderio dove calore
ed ansia si equivalgono nell’abbandono
della confidenza nel programma del giorno
da trascorrere. L’essere necessari in assoluto
è un piano ambizioso a cui non sempre
umanamente si può tendere. Non può esserci
uno stato unico e felice lo slancio
del vivere avvertito e forse tutto
si disorganizza per poter dal principio
valere. Prevedo conflitti e azioni
irresolute il rancore che aggredisce
e evidenzia prevedo l’ultimo segno opaco
nella trasparenza dell’acqua che scivola via.
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