da: Corriere di Viterbo 17 Ott. 1991

 

ANNA MALFAIERA, PREMIO TARQUINIA-CARDARELLI PER DUE VOLTE

POETESSA ALLA RICERCA DELL’ETRURIA

 

Di Anna Malfaiera il Carriere di Viterbo si è occupato alla fine di Ottobre 1990 a proposito dello spettacolo poetico-musicale “ Nei limiti della norma” (con De Luca, Trovalucci e Chiaromonte) svoltosi in quel periodo al Palazzo degli Alessandri.

 

La Malfaiera, insieme a Lunetta, Frixione, Pagliarani, Villa, Balestrini Volponi, Cacciatore ed altri, figurava con propri bellissimi testi.

 

Pochi sanno però che la poetessa romana, oltre che letterata, è studiosa di storia-etrusca, e che per questa ragione, facendo di Tarquinia il suo luogo preferito di partenza si addentra nel Viterbese per seguirvi un personale viaggio intellettuale tra i reperti di quella civiltà.

 

La forza espressiva dei suoi versi, unitamente alla corposità di “grandi aperte parole dà la traccia della sua passione, che è a sua volta scandita dalla tagliente simbologia di quella cultura.

 

La Malfaiera vi indaga, sostenuta dalla costanza di un Io austero, e vi brucia-parafrasiamo dai suoi versi - "l’ombra", il senso falsato del mondo, per finalmente vedere nell'ardore del fuoco.

 

In audaci giochi lessicali la poetessa pone quesiti in grado di arrivare alle radici tenebrose della coscienza perché da essa sia scartata l’utopia ingannatrice e tuttavia in essa anche decisa un’amorevole risposta del sogno.

 

Con la Malfaiera si guadagna una poesia di esplorazione che si piega alla valenza estetica solo in quanto venga assicurato il piano lievitante di presenze e di profezie possibili.

 

Si spiega così la sua scrittura sempre molto densa e drammatica, ma altrettanto riflessiva.

 

Con i ritmi di una tensione aspra, severa, concettuale che rifiuta lo struggimento languoroso e la disperata afflizione.

 

“Mi aggrava il disagio che divido con te/ Somiglia all’esplosione di un eccesso/aggrappata alla pagina dello scontento.,..” oppure: è difficile ma possibile/ vivere quanto basta cancludere/ di significato non soffrire /agire con ebbrezza fingere/un'allegria.... ecco due passaggi che danno il senso dello sconforto autocritico di cui si diceva, di una mestizia che non vuol troppo compiacersi e di una misurata tenacia.

 

Ciò che postula, per altro verso, un andamento mimetico in cui resti assimilato uno "stato d'emergenza" coperto l’urlo rabbioso e semmai mediato l’ininterrotto soliloquio sulla solitudine, chiusa nella scarnificazione, “nell’angosciosa superbia dell’oltraggio subito" (Lunetta).

 

Ed anche c’è la negazione - come ci avverte la poetessa sotto specie di acquiescienza al buio e al silenzio, allo”schermo nero”, al modulo che non si è cercato e che già esisteva nell’intreccio meccanico di provvide combinazioni.

 

Per queste vie è da rilevare come la Malfaiera commenda agevolmente al panico della quotidianità un lembo di placata armonia cui è sotteso sull'inconscio un vibrante trasporto del cuore.

  

                                                                         Gaetano Pampallona