da: "Il Rifugio dell'aria, Poeti delle Marche" a cura di Francesca Innocenti

Casa Ed. Edizioni Progetti Cultura, ottobre 2010

 

ANNA MALFAIERA

 

Anna Malfaiera nasce a Fabriano nel 1926. Consegue una laurea in Magistero presso l’Università di Urbino. In seguito si trasferisce a Roma, dove vive e lavora per molti anni.

 

Esordisce in poesia con la raccolta Fermo davanzale (Rebellato, Padova 1961); inizia a collaborare con varie riviste letterarie, partecipa a letture e a manifestazioni culturali.

 

Le sue successive sillogi sono il vantaggio privato (Sciascia, Caltanissetta 1967, 1970); Lo stato di emergenza, con disegni di Valerio Trubbiani (La Nuova Foglio, Macerata 1971); Verso l’imperfetto, con introduzione dli Alfredo Giuliani (Tam Tam, Mulino di Bazzano 1984); E intanto dire (Il Ventaglio, Roma 1991; Premio “Orient-Express” per la poesia); Il più considerevole (Anterem, Verona 1993; Premio nazionale di poesia “Lorenzo Montano”).

 

Sul finire degli anni Ottanta collabora a progetti teatrali e nel 1992 dà alle stampe per il teatro 27, rue De Fleurus con presentazione di Mario Lunetta (1l Ventaglio, Roma).

 

La poetessa muore precocemente a Fabriano nel 1997.

 

L’esordio letterario della Malfaiera si colloca agli inizi degli anni Sessanta: un’epoca in cui alle correnti ormai consolidate - ermetismo, post-ermetismo, neorealismo - si affiancano il neosperimentalismo e la neoavanguardia. In questo quadro l’autrice fabrianese cerca da subito un "suo" dire, sotto il segno a volte scomodo di una non facile classificabilità.

 

Il primo libro, Fermo davanzale (1961) denota un’inclinazione al monologo e una descrittività marcata, incanalate in un’apprezzabile eleganza formale: «Paese schivo ai contatti./ Un odore di stagno tra le case,/ le polverose ciglia degli infissi,/ le canne e le querce senza fronde"

 

L’elemento emotivo risulta limitato, si potrebbe dire “sommerso”, coerentemente con l’impianto generale di un enunciato che, con maggior evidenza in Il vantaggio privato (1967), pare deliberatamente sopprimere il lirismo. Orpelli e abbellimenti sono in larga parte eliminati; al canto si sostituisce una dizione che non rinuncia a rincorrere significati e definizioni del mondo e di sé.

 

Il percorso di maturazione poetica della Malfaiera conduce alla progressiva adozione di un verso lungo, che tende a eccedere le misure tradizionali; Alfredo Giuliani ha definito “atonale” questo verso che si afferma a partire dagli anni Ottanta - il ritmo è scandito su tempi forti intorno a cui si raggruppano sillabe atone -, leggibile come esperimento di resistenza e di rivoluzione nei confronti del verso lirico.

 

Si consolidano gli effetti di scorrevolezza e fluvialità, attraverso un uso della punteggiatura notevolmente ridotto, limitato per lo più al punto: «Siamo la polizia segreta potete/stare tranquilli non accade nulla che noi/non sappiamo se qualcuno afferma/diversamente vuol dire che tenta la prova/del bugiardo...».

 

Gli accostamenti verbali tracciano geometrie disincantate, animate dalla ragione e dalla tensione morale. Figure e paesaggi vengono aboliti, i luoghi fisici demoliti insieme ai personaggi che ospitano. Questa generale cancellazione del superfluo implica anche l’assenza del dato narrativo, diaristico, autobiografico; assume così centralità la ricerca del senso, auspicato superstite al termine di ogni riduzione.

 

Nell’ultima raccolta, Il più considerevole (1993), l’automatica imperturbabilità della lingua porta alla luce il legame tra il segno e «quella cosa ancora vuota che è l’io, a istruirlo soggetto» (dalla nota critica di Giuliano Gramigna).

 

Trapela in tutta la sua evidenza la portata gnomica di una scrittura che riflette su se stessa e sulla propria condizione marginale, e con rigorosa precisione indaga una realtà ostile da una irrinunciabile posizione antagonista.