A marissimi odori d¹amaranto

N odi, chiodi, incertezze acuminate,

N ettare sulle foglie dell¹acanto

A izzano tue voci incarcerate.

M ordere il freno è un¹arte che t¹intriga,

A nna febbrile fabbro fabrianese,

L ungo il verso ch'è teso come spiga

F inché l¹ansia non lascia la sua presa,

A bbattuta la tenebrosa diga.

I ndignata col Nulla ed a te irosa,

E sigi che risposte decisive

R endano grazia là dove convive

A lleata la spina con la rosa.

 

 

Perché proporre una poesia di Mario Lunetta come incipit di una prefazione

intesa a presentare Anna Malfaiera?

 

Semplicemente perché, se è vero che il testo non è della Malfaiera, è

altrettanto vero che esso è la Malfaiera. L'acrostico coglie e sa comunicare, con la forza del testo poetico, i caratteri dell'opera e della persona come meglio non si potrebbe.

 

Non lontani, questi versi, da un ritratto in prosa tracciato da un'amica,

anch'essa scrittrice, a pochi mesi dalla scomparsa della Nostra.

 

E infine lei, l'indimenticabile Anna, tanto indimenticabile che ho voluto inserirla

qui come se fosse ancora tra noi, con la sua presenza gentile e brusca

insieme, icastica e schiva insieme, appartata e trionfante, così immedesimata col suo stile, con la sua scrittura secca, ferma, a volte irosa di sdegno civile, geometrica e appassionataŠI poeti non muoiono, a patto che non li si dimentichi, non li si cancelli, non li si riduca a rituali celebrativi svuotati

di ogni anima.

 

Crediamo di concordare con queste ultime parole. Come Mario Lunetta e Maria Jatosti ci consegnano un¹immagine icastica di Anna Malfaiera, così

la raccolta delle poesie della Scuola le conferisce nuova vita continuandone

 

l'operazione esistenziale e di scrittura.

 

Fare poesia è portarsi fuori di sè attraverso la parola, è collocarsi in una distanza in cui la parola coincide con la ricerca di un chiarimento, e, se anche non lo si raggiungesse, assume comunque significato la forma di ricerca che si è scelta.

 

Anna Malfaiera l¹ha fatto, in quel suo modo di porsi e contemporaneamente

negarsi:

 

Non ho mai saputo perché mi ostino a scrivere.

Determinata. Mai rinunciare correggermi

migliorare. Le mie energie si raccolgono

quasi prestabilite combinate unite opposte

disgiunte a modo loro. Mi premono. Nell¹incastro

confermo e rafforzo una qualche certezza

che appena posta rifiuta di risolversi.

 

Amo la tregua dello scrivere non considero

le ragioni che lo provocano. Non ho veri

strumenti. Soppeso lo stupore che mi causano

le regole e i loro artifici. Stupore

che coinvolge il mio essere imprevista.

Una pratica che non so definire se di fede

o finzione. Pudore è farsene gioco.

Un equivoco l¹indagare. Meglio non sostare

riflettere non presagire e intanto dire.

 

(da E intanto dire, 1991)

 

Proviamo a conoscerla attraverso altri suoi testi.

 

Imparare a vivere

non conosco una definizione credibile

evidente è l'esigenza della vita

ma non si sa che vuol dire

viverla intensamente

si vive quanto occorre mai di più

il sorriso l'angoscia compresi

per giungere nel cuore degli affetti

e della memoria dentro la maturità

delle esperienze per giungere a dire

che ogni essere ha diritto a vivere

nel modo che crede ed è così che si vive

un poco. Il passato è passato dissolto

nel lasciarsi vivere una volta sola.

 

(da Verso l¹imperfetto, 1984)

 

C'è, nel testo, tutta la qualità poetica della Malfaiera. La sua opera

rappresenta una condizione esistenziale espressa in termini perentori; si

notano l¹assenza di lirismo, di immagini (la sua è per giudizio unanime una

poesia mentale) e la ricerca di un¹espressione dura, segno di chi è assillata dalla disperata ricerca di certezze. Le sue liriche-non liriche, come è stato detto, sono frammenti di pietra tanto da sembrare scostanti e inafferrabili. Eppure... la parola si gioca con l'umanità di chi scrive: suona imperiosa quell'esigenza della vita. Ignorare che vuol dire viverla intensamente non toglie che la vita sia ben presente con l'impetuosità delle sue richieste e con il sorriso e l'angoscia e il cuore degli affetti. La ricerca, pur se non appagante, è testimoniata dalla disseminazione di un verbo spia, quel per giungere

nel per giungere a. 

 

Tensione di ricerca, dunque, senza catturare né essere catturati.

Più il reale si cerca e più sfugge ed emerge un sentimento ragionato, per paura, quasi, che quel sensibile possa dare risposta.

 

La mia impazienza è una ragnatela

intessuta e insensata nella passività

assaporata diluita cresciuta con me

con me si immobilizza la rabbiosa

impotenza che non esce da me. Questa

impazienza non indirizzata è disperata.

 

(da Verso l¹imperfetto, 1984)

 

Risalta una solitudine accorata, in cui il soggetto parla con se stesso, ma

in modo epigrafico, straniato, come parlasse in terza persona.

 

Omologa alla tematica esistenziale risulta infatti la tensione della

scrittura.

 

Il segno invade la pagina bianca determina

la direzione sfoltisce gli intenti ossidati

i reperti resistenti nel cumulo delle pagine

argomentate opera assalti consecutivi contro

lo smarrimento persecutore. Non è il caso

a estrarre la premura del dire se risulta.

 

(da Il più considerevole, 1993)

 

Nel processo della scrittura si assiste alla concentrazione del dato

sliricato, mentre il testo acquista un¹identità facilmente e costantemente

riconoscibile: andamento disteso del verso, paratassi insistita, forte

taglio dei nessi.

 

La resistenza della Malfaiera a riconoscersi nell¹esito verbale e la continua interrogazione fanno sì che la parola le.appartenga a distanza e che si instauri quasi un gioco bellico, come è stato autorevolmente detto, dove la metafora sta a significare il tono ragionativo, polemico, mai consolatorio, che rimanda ad una lirica attestata nella nostra letteratura.

 

Da Leopardi all'ultimo Volponi.

 

Quella della Malfaiera è una delle parole più aderenti al nostro vivere,

impaurita, e perdutamente innamorata della vita.

 

Adria Calcaterra